Calibro: Etimologia e significato storico.

Calibro

Premessa

Fra i termini militari che ci capita di usare più spesso in Museo c’è sicuramente: calibro.

Però attenzione perché il vocabolo viene utilizzato in modi molto diversi: si può parlare di persone importanti (del calibro di Luisa Ferida, ad esempio) ma il calibro è al contempo uno strumento di misurazione impiegato nei laboratori e nelle officine. Anche i non avvezzi poi al mondo militare hanno sentito mille volte in televisione parlare di pistola calibro… o colpo calibro.

Chiaramente, il calibro che interessa a noi è quello legato al mondo delle armi, che indentifica il diametro interno delle bocche da fuoco.

Ma facciamo un po’ di chiarezza…

Da dove deriva il termine calibro

Ci sono anche qui varie interpretazioni. Una poco probabile lo rimanda al latino “qua libra” traducibile più o meno come “di quale peso”?

Nondimeno la versione più accreditata oggi sottolinea una derivazione dalla parola araba “qālib” che significa modello, stampo.

In questo caso la parola identificava un modello – per calzature nello specifico – e poi si è esteso fino a indicare una sorta di standard delle dimensioni di qualcosa, non solo dei solidi ma anche degli spazi vuoti, come le bocche da fuoco appunto.

Fu un francese a tramutare il termine in “calibro” intendendolo come strumento per la misurazione precisa di oggetti anche molto piccoli. Si tratta di Pierre Vernier che appunto nel 1632 inventa questo strumento per la misurazione della distanza tra due punti simmetricamente opposti. Parte da uno strumento già esistente il “nonio”, strumento a scala graduata che serve a valutare le frazioni dell’unità di misura, che appunto Vernier perfeziona ottenendo uno strumento che si avvicina molto al moderno calibro.

Calibri armi: come funzionano e cosa misurano

Tornando alle armi invece, si conferma che la complessità del termine è tale che solo la parola calibro assume diversi significati quali: il diametro interno della canna, il diametro convenzionale della canna, il diametro di un proiettile per una determinata canna, la denominazione “commerciale” della cartuccia.

Inizialmente l’identificativo delle artiglierie non era il calibro ma il peso della palla (in libbre) sistema rimasto in Europa fino al 1800 e nel mondo britannico fino ad oltre la Seconda Guerra Mondiale, in museo sono presenti diversi pezzi di artiglieria inglese da 17 o 25 libbre appunto identificati con il peso del proiettile.

Il termine che viene, invece, usato per le armi da fuoco è il diametro interno della canne, misurato tra  i pieni della rigatura definito anche “calibro nominale”, o il diametro dell’anima nel caso di canne lisce definito anche “calibro reale”.  In Italia il calibro è espresso in millimetri e sta ad indicare il diametro interno di una canna tra i pieni.

Quali sono i calibri più grandi?

Il massimo calibro raggiunto in artiglieria è stato di 600 mm, appartenuto ad un mortaio semovente tedesco utilizzato nella guerra 1939-45. Si tratta del mortaio da assedio Karl-Gerät realizzato negli anni 30. Considerata la loro mole questi mortai giganti sono stati impiegati in pochissime operazioni e in particolare: è stato impiegato durante l’assedio di Sebastopoli e nel corso della repressione della rivolta a Varsavia.

Anche in museo abbiamo alcuni pezzi “giganti” il calibro più grosso presenti museo è il Minenwerfer M15 che ha un calibro da 225 mm, anche se la sua gittata massima non arriva al chilometro. Oggetto presente nel  nostro museo grazie alla collaborazione che abbiamo con il Museo Storico della Guerra di Rovereto. Un altro gigante, degno di nota presente in museo è il proiettile da 380 mm impiegato per lo Skoda 38 cm Vz. 1916 un obice d’assedio realizzato in Austria-Ungheria nel 1916 ed impiegato durante la Prima guerra mondiale.