Luisa Ferida, nasce a Castel San Pietro Terme in provincia di Bologna il 18 marzo 1914. Il suo è un nome d’arte, il vero nome è Luisa Manfrini Farnet, sembra che lo pseudonimo Ferida derivi da uno stemma visto nella casa del padre che raffigurava una mano ferita da una freccia.
Il padre, Luigi, era un ricco proprietario terriero, mentre la madre Lucia era di umile estrazione sociale. Luisa Ferida è ricordata come una ragazza irrequieta, tanto che dopo la morte del padre viene mandata in collegio dove però non concluse gli studi.
Luisa Ferida arriva a Milano dove inizia a recitare in teatro accanto a Ruggero Ruggeri e Paola Barboni.
Nel 1935 si trasferisce a Roma a seguito di una proposta per un film. Ma il vero successo arriva qualche anno dopo nel 1937 e nel 1938 dove Luisa recita con Amedeo Nazzari in film come “La fossa degli angeli” e “Il Conte Brechard”
Il film che lancia definitivamente nel modo del cinema Luisa è “Un’avventura per Salvator Rosa” del 1939 diretto da Alessandro Blasetti. Fu lui stesso a voler la Ferida come attrice nel film, già ormai conosciuta nell’ambiente. Nel film interpreta la contadina Lucrezia facendo in modo di farsi riconoscere dalla critica e apprezzare dal grande pubblico. Su set di questo film conosce Osvaldo Valenti del quale Luisa Ferida si innamora.
Osvaldo nasce nel 1906 nell’allora Costantinopoli, in seguito alla Prima guerra mondiale fa rientro in Italia, stabilendosi prima a Bergamo e poi a Milano. Ma è attorno alla metà degli anni Trenta che Osvaldo raggiuge il successo quando incontra Blasetti.
L’attore Osvaldo Valenti ha un carattere particolare, mitomane, cinico, spregiudicato e dedito alle droghe, ma ugualmente Luisa Ferida se ne innamora. Così nasce la coppia che è possibile definire come bella e dannata, chiacchieratissimi anche per via dei loro costumi decisamente disinibiti.
A Luisa Feria e Osvaldo Valenti non vengono spesso assegnate parti da protagonisti ed in particolare alla Ferida veniva sempre assegnati ruoli della donna perduta quello della cattiva ragazza, perché troppo sensuale e a tratti eccessivamente melodrammatica.
Al tempo di gran moda andavano i film soprannominati “telefoni bianchi” che erano caratterizzati per ambientazioni borghesi in stile déco dove accessori come i telefoni bianchi – appunto- rappresentano uno status symbol in quanto solo i ceti più abbienti potevano permetterseli. Questa tipologia di film aveva una trama con tratti ricorrenti: una giovane di umili origini conquistava il cuore di un uomo con uno status sociale più elevato, e dopo numerose vicende ed equivoci riusciva nell’intento di sposarlo.
In questi film attori come Luisa Ferida e Osvaldo Valenti faticavano a trovare posto come protagonisti.
Durante gli anni Quaranta ecco arrivare delle soddisfazioni per Luisa Ferida nel 1942 ottiene il premio come migliore attrice Italina per le interpretazioni nei come film “La corona di Ferro” e “Fari nella nebbia”.
Durante il periodo del ventennio sia Luisa Ferida che Osvaldo Valenti non avevano aderito apertamente al fascismo, ma dopo l’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943 Osvaldo e Luisa si trasferiscono a nord e in particolare nel “Cinevillaggio” di Venezia, avendo così la possibilità di continuare il loro lavoro di attori.
Qui Luisa prende parte al film “Un fatto di cronaca” del 1944. All’epoca la coppia perde il figlio neonato Kim, questo segnerà molto Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, tanto più che decideranno di non spostarsi in Spagna, ma di rimanere nella RSI.
Osvaldo Valenti si arruola con le truppe del RSI dove gli affidano ruoli principalmente da testimonial. Valenti faceva molto spesso uso di stupefacenti, e sembra per questo motivo si sia avvicinato al famigerato Pietro Koch, famoso per le atrocità commesse durante il periodo della RSI.
Questa fu la loro rovina. Il 30 aprile 1945 Luisa Ferida e Osvaldo Valenti vengono trucidati dai partigiani con l’accusa di essere complici degli orrori compiuti da Koch.
Al momento dell’esecuzione Luisa Ferida era incinta, quando trovarono il cadavere in mano stringeva ancora la scarpina azzurra del figlioletto mancato qualche anno prima.
Poco tempo dopo il responsabile dell’esecuzione, Giuseppe Maronzin, dichiara che la Ferida era completamente estranea ai fatti. Dichiarazione confermata anche da un’indagine condotta dai carabinieri di Milano negli anni ’50. Le versioni, tuttavia, sono molte ed ancora ai giorni nostri questa vicenda rimane dibattuta.
A raccontare questa vicenda c’è anche il film Sanguepazzo di Marco Tullio Giordana del 2008, con interpreti come Luca Zingaretti che impersona Valenti e Monica Bellucci nei panni di Luisa Ferida.
Secondo le parole del regista la vicenda di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti riprende i tratti salienti dell’epopea del cinema italiano, dagli albori fino alla crisi che c’è stata durante la RSI, in particolare dice “La fabbrica del cinema viene raccontata dal suo interno: dagli inizi dell’epopea (cinecittà, inaugurata nel 1939) ai fasti mondani (La mostra del cinema) alla crisi finale (Salò, Venezia, Milano)[…] Sanguepazzo vuole raccontare attraverso tutti questi personaggi una parte dell’avventurosa storia del cinema italiano nei suoi anni più contrastanti e dolorosi. Quelli che lo segneranno indelebilmente, fonti dell’ispirazione che lo renderà grande in tutto il mondo.”
“Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla” dice Giordana nei confronti di Sanguepazzo, perché riportando alla luce la storia della Ferida e di Valenti si possa mantenere viva la memoria di questi avvenimenti che hanno contribuito a renderci ciò che siamo.