
Scarponi militari del Regio Esercito: Storia, Evoluzione e Sfide delle Calzature Militari Italiane
“Non saranno mai troppe le cure che si avranno sulla scelta di una calzatura bene adatta, cioè né troppo larga, né troppo stretta: la prima espone i piedi al freddo, all’umido e rende facili le scorticature e le distorsioni: la seconda è, dopo breve cammino, causa di dolore e di escoriazioni e predispone ai calli e d’inverno, alle congelazioni: motivi per i quali in guerra e nelle lunghe marce parecchi entrano all’ospedale.
Sapendo poi che il piede si allunga e si allarga camminando le scarpe si debbono scegliere più larghe e più lunghe del piede a riposo.
La buona manutenzione delle scarpe è di capitale importanza: sono
esse che permettono al soldato di marciare agevolmente e di giungere in buone condizioni al luogo di combattimento.
Quando le scarpe sono inzuppate di acqua bisogna farle asciugare all’aria e non al fuoco, riempendole prima di fieno o di paglia, affinché l’acqua non le indurisca, e ungerle frequentemente con grasso” – Da “Il nuovo libro del soldato”, anno 1938, educazione ed istruzione per tutta la truppa comune a tutte le armi.
Queste le parole che potevano leggere i soldati del Regio Esercito sul loro libretto personale, ma di certo gli scarponi militari che avevano in dotazione non sempre rispecchiavano queste caratteristiche e molte volte era anche difficile mantenerli in “salute”. Ma vediamo come erano le calzature che portavano ai piedi i nostri soldati.
Ad ognuno il suo scarpone militare
Inizialmente in dotazione ai militari erano previste due calzature: una da impiegare durante le operazioni militari e una detta da “riposo”. A loro volta, le calzature da “operazione militare” erano suddivise in: scarponi militari con gambaletto per armi a piedi mod. 909, scarponi militari per truppa da montagna e scarponi militari da bersaglieri ciclisti armi a cavallo.
I primi avevano tomaia in pelle di vitello (cuoio liscio) oppure pelle di vacchetta lasciata al colore naturale: il gambaletto era alto così da poter infilare il pantalone al suo interno. Gli scarponi militari per truppa da montagna, invece, avevano tomaia in vacchetta o vitello con puntale e contrafforte in cuoio con colore più scuro; la suola aveva una chiodatura pesante consentendone così una migliore presa sulla neve. Infine, gli scarponi militari per le armi a cavallo avevano la tomaia in pelle o vacchetta, un’allacciatura con 6 occhielli laccioli in cotone nero: anch’essi erano datati di chiodatura, ma leggera. Successivamente, queste calzature da armi a cavallo verranno tinte di nero così da armonizzarsi con i gambali previsti per i cavalieri.
Pr quanto riguarda, invece, gli scarponcini militari da riposo, prevedevano un gambaletto in tela di canapa così da risultare più morbidi e leggeri. Erano in suo soprattutto in tempo di pace.


La guerra delle calzature
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale ci si rese conto ben presto che le calzature da riposo erano del tutto inutili e lo scarpone delle armi a piedi non era sufficientemente resistente per le zone montuose. Nel 1915 vengono ritirate tutte le scarpe da riposo e vennero tutte sostituite con un secondo paio più adatto: gli scarponi per truppe da montagna modello 1912.
Per quanto riguarda le scarpe di ordinanza, quelle per armi a piedi, per truppe da montagna e per armi a cavallo, iniziarono a sorgere dei problemi legati anche al loro utilizzo. Innanzitutto, esisteva un eccesso di modelli che creava dei problemi al rifornimento, ossia avere sempre disponibilità nei magazzini di tutti i modelli presenti, ma soprattutto presenti in tutte le misure. L’altra faccia della medagli legata a questa condizione era che alcuni modelli erano più richiesti rispetto ad altri, finendo per lasciare nei depositi grandi quantità di scarponi inutilizzati.
Nel 1916 si propose di sostituire lo scarpone militare per ami a piedi con quello delle truppe da montagna, oltre che per ragioni pratiche, come abbiamo visto in precedenza, anche per ragioni sanitarie. La decisione si orientò per l’adozione a tutti del modello 1912, quello che aveva già sostituito gli scarponi militari da riposo.
Gli scarponi militari modello 1912 erano alti fino sopra la caviglia. Realizzati in pelle scamosciata e rinforzati con elementi in cuoio sulle estremità e cuciti con filo di cotone. La chiusura frontale era formata da quattro occhielli e quattro agganci per parte, chiusa con una stringa di cuoio. Questo tipo di scarponi militari, prima del loro utilizzo, dovevano essere trattati con grasso da scarpe per ammorbidirle e crema da scarpe nera per renderle impermeabili. L’unica differenza rimase la chiodatura della suola che poteva variare da “forte chiodatura” per truppe da montagna, ad “ali di mosca e diamante” per le armi a piedi, a “bullette a testa circolare con gambo a freccia” per le armi a cavallo.
Con l’adozione della nuova calzatura si presentò un nuovo limite: l’altezza del gambale. Esso, infatti, non era sufficientemente alto da poter contenere il pantalone, come era previsto per le truppe con armi a piedi nel modello 1909. Vennero così introdotte anche per le armi a piedi le fasce mollettiere.
La novità: le fasce mollettiere in abbinamento allo scarpone militare
Sempre nel 1916 entrarono a far parte del corredo del soldato le fasce mollettiere, fasce in panno dello stesso colore dell’uniforme, che servivano ad ancorare il pantalone al gambaletto dello scarpone militare. Questa novità, però, comporto una serie di problemi che le consideravano inadatte a separare le gambe dei soldati e ogni volta che si inzuppavano avevano la tendenza a stringersi troppo, diventando una vera e propria costrizione per i polpacci poiché ostacolavano la circolazione.
Le pieghe del soldato: il piede da trincea
Uno dei problemi legati alla guerra era appunto il piede da trincea. Essendo la Prima guerra mondiale una guerra combattuta per la maggior parte nelle trincee, luoghi all’aperto esposti alle intemperie.
L’insorgenza della malattia era legata a periodi molto lunghi a basse temperature, che non arrivano però alle temperature di congelamento, e soprattutto di un ambiente molto umido come poteva essere quello all’interno di uno scarpone militare. Inoltre, la costrizione alla circolazione dovuta alle fasce mollettiere non faceva che coadiuvare le condizioni all’insorgenza della patologia.
La lunga vita dello scarpone militare italiano
Gli scarponi militari in uso al Regio esercito erano considerati i migliori, tanto più che il modello venne pure copiato da altri eserciti: in quanto a robustezza, flessibilità e comodità erano imbattibili. Perciò rimasero in dotazione al Regio Esercito per molto tempo, tanto più che gli scarponi militari ai piedi dei soldati arrivarono anche in Russia. Essi però erano stati progettati per terreni asciutti e per climi moderati, caratteristiche che in Russia sono molto diverse.
Gli scarponi, come detto in precedenza erano realizzati in cuoio, le suole invece, erano realizzate in legno e cuoio e chiodate. Costruttivamente gli scarponi militari avevano dei limiti e sicuramente uno degli svantaggi più evidenti era la presenza di micro-fori, dovuti alla chiodatura, che permettevano l’ingresso di umidità e dunque di freddo dalla suola.
Nel mito, della Campagna di Russia si parla ancor oggi molto spesso delle famigerate scarpe dalle suole di cartone. Cosa che, come abbiamo visto, non è vera.
Al di là di questo però il problema reale per i nostri militari in Russia era la scarsa capacità da parte dell’Intendenza, di approvvigionare e sostituire i nostri reparti degli equipaggiamenti che a causa delle interminabili marce su fango, neve a temperature glaciali venivano sottoposti ad un pesante logoramento.
Un altro fattore che rese gli scarponi militari particolarmente vulnerabili furono gli sbalzi termici: il cuoio, infatti, tendeva letteralmente a spaccarsi quando, bagnato, passava dalle basse temperature esterne a quelle più calde.
Verso la modernità: le suole Vibram
Al falso mito delle “scarpe di cartone” vale la pena tentare di contrapporre il mito, questo autentico, dello scarpone militare Vibram: una peculiarità tutta italiana.
Quello italiano infatti fu uno dei primi eserciti al mondo ad avere, seppure sperimentalmente e in numero limitatissimo, lo scarpone militare dalla suola in gomma vulcanizzata e tassellatura a carrarmato.
L’intuizione venne all’alpinista ed imprenditore milanese Vitale Bramani che, nel 1937, ideò la cosiddetta suola “Vibram” dove il nome deriva proprio dalle inziali VItale, BRAMani.
Le ottime prestazioni garantite dal nuovo scarpone militare (isolamento al freddo, aderenza, resistenza ad abrasione, trazione) furono però apprezzate soltanto dagli alpini del Monte Cervino, tutti sciatori e rocciatori esperti, che ne avevano in dotazione ben due paia; le carenze del nostro sistema industriale e delle materie prime fecero il resto.
A parte queste eccezioni, i nostri militari marciarono per tutta la Seconda guerra mondiale con i vecchi scarponi militari chiodati e conciati al cromo, che, se non trattati ed ingrassati regolarmente divenivano rigidi e secchi.